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POESIE - Autori diversi

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Messaggio  Anja Mer Set 21, 2011 12:02 am



poesie - POESIE - Autori diversi Jack10

Jack Kerouac

Jack Kerouac, scrittore di origine franco-canadese nacque a Lowell nel Massachusetts nel 1922. La sua caratteristica principale è l'aderenza ai fatti più comuni della vita come fonte di ispirazione ed il suo ruolo nella letteratura americana è molto simile a quello di Fitzgerald che, come lui, aveva nei suoi libri ricreato un costume facendosi rappresentante della sua generazione. Il suo primo libro, pubblicato nel 1950 fu The Town and the City il quale suscitò un grande interesse presso i critici mettendo in crisi lo scrittore che aspettò sette anni prima di ripresentare un altro libro. Nel 1957 diede alle stampe On the road (Sulla strada) che lo rese acclamato portavoce ed interprete di un’intera generazione. Nel 1958 pubblicò The Subterraneans (I sotterranei) e The Darma Bums (I vagabondi della verità) e nel 1959 Doctor Sax e nel 1965 Desolation Angels (Gli angeli della desolazione). È fuori di ogni dubbio che i libri che hanno apportato un elemento nuovo seppur modesto nello sviluppo della narrativa sono On the road e The subterraneans; questi due romanzi sono ricchi di tale intensità allusiva e di capacità evocativa che migliaia di giovani si sono riconosciuti in quelle pagine trovando anche un senso di condivisione a quei problemi che in precedenza non sembrava possibile esprimere. Anche Kerouac si pone il problema di un nuovo valore morale ricercato in una nuova spiegazione della vita, esprimendo come tutti gli appartenenti alla beat generation una sua personale soluzione alla ricerca di un Dio. Quando in una intervista gli chiesero a chi rivolgesse le sue preghiere egli rispose di pregare il suo fratellino morto, suo padre, Buddha, Gesù Cristo e la Vergine Maria. Altrettanto personale è il mezzo con cui arrivare a queste risposte: secondo la cultura beat droga, alcool, promiscuità sessuale ed esaltazione musicale sono gli unici mezzi per riscoprire un’identità smarrita, e solo attraverso il ritrovamento dell’identità è possibile raggiungere la fede, qualunque essa sia. Questa interpretazione della vita è concretizzata principalmente in The Dharma Bums, mentre tutta la filosofia beat si esplica in On the Road, con la narrazione in parte autobiografica degli incredibili viaggi e delle vicissitudini di un gruppo di beats. Il viaggio stesso è il fine principale: rappresenta una insaziabile e febbrile ricerca della novità ed in parte una fuga dalla città, simbolo della classe media e di tutto ciò che è mediocre, per purificarsi immergendosi nella natura. In sintonia con la filosofia che anima i frenetici spostamenti dei protagonisti da una parte all’altra dell’America, anche lo stile è improvvisato e spontaneo, libero dalle costrizione della forma e dell’ordine.


Poesia

Il jazz s'è suicidato
Fate che la poesia non faccia la stessa fine
Non temiate
l'aria fredda della notte
Non date retta alle istituzioni
quando trasformate i manoscritti in
arenaria
non inchinatevi né fate a cazzotti
per i pionieri di Edith Wharton
o per la prosa alla nebraska di ursula major
no, statevene nel vostro giardinetto
& ridete, suonate
il trombone di mollica
& se poi qualcuno vi regala perline
ebree, marocchine, o vattelapesca,
addormentatevi con quella collana al collo
E' probabile che facciate sogni più belli
La pioggia non c'è
non ci sono più me
te lo dico io, ragazzo,
sicuro come un siluro.


Blues

Parte delle stelle mattutine
La luna e la posta
L'insaziabile X, il dolore delirante,
- la luna Sittle La
Pottle, teh, teh, teh, -
I poeti in vecchie stanze gufose
che scrivono curvi parole
sanno che le parole furono inventate
perché il nulla era nulla
Usando le parole, usate le parole,
le X e gli spazi vuoti
E la pagina bianca dell'Imperatore
E l'ultimo dei Tori
Prima che la primavera si metta in moto
Sono una montagna di nulla
di cui volenti o nolenti disponiamo
Così di notte contratteremo
nel mercato delle parole.


San Francisco Blues

Questa bella città bianca
All'altro capo del paese
Non mi sarà più
Accessibile
Ho visto il Cielo muoversi
E detto: "E' la fine"
Perché ero stufo
di tutti quei presagi
E ogni volta che avrai bisogno di
me
Telefona
Sarò all'altro
capo
In attesa
presso il muro definitivo.


Ultima modifica di Anja il Mer Set 21, 2011 3:03 pm - modificato 1 volta.
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty JORGE LUIS BORGES

Messaggio  Anja Mer Set 21, 2011 3:02 pm

poesie - POESIE - Autori diversi 310

Jorge Luis Borges

Jorge Luis Borges nacque il 24 agosto di 1899 a Buenos Aires nella casa del nonno paterno Isidoro Acevedo. Con la nonna materna di origine inglese, imparò a leggere prima in inglese che in castigliano, e divenne ben presto bilingue.
Georgie, così veniva chiamato in casa, aveva solo sei anni quando disse a suo padre che voleva fare lo scrittore. A sette anni scrisse in inglese un riassunto della mitologia greca; ad otto, "La visera fatal", ispirato ad un episodio del Don Chisciotte; a nove tradusse dall'inglese "Il principe felice" di Óscar Wilde che venne pubblicato su El Pais, anche se si ritenne che in realtà fu opera del padre.
Nel 1914, a causa di una quasi totale cecità, il padre andò in pensione e decise quindi di trascorrere con la famiglia un periodo in Europa, dove, a causa della guerra, si stabilirono a Ginevra. Qui Gerorgie, mentre studiava il liceo, scrisse alcuni poemi in francese. Le sue prime pubblicazioni furono quindi una rassegna di tre libri spagnoli tradotti in francese per essere pubblicati su di un giornale ginevrino.


Dopo la guerra, nel periodo in cui la famiglia Borges visse in Spagna, pubblicò alcuni poemi e manifesti sulla stampa letteraria spagnola. Nel 1921, anno in cui i Borges ritornarono a Buenos Aires, il giovane poeta riscoprì la sua città natale, soprattutto i sobborghi del sud, abitati dai compadritos. Iniziò a scrivere poemi su questa esperienza pubblicando il suo primo libro di poesie Fervor de Buenos Aires (1923).
Installatosi definitivamente nella sua città natale a partire dal 1924, pubblicò alcune riviste letterarie e due libri Luna de enfrente e Inquisiciones, con cui già nel 1925 veniva riconosciuto come il maggior autore fra le giovani avanguardie.
Nei trenta anni seguenti, Georgie si trasformò nel Borges che conosciamo; cioè in uno dei più brillanti e polemici scrittori dell'America Latina. Stanco del futurismo, che egli stesso aveva portato dalla Spagna, cercò di fondare un nuovo tipo di regionalismo, radicato in una prospettiva metafisica della realtà. Scrisse racconti e poemi sugli abitanti dei sobborghi di Buenos Aires (porteñe), sul tango, su fatali liti di coltello "Hombre de la esquina rosada" e "El Puñal". Presto però si stancò di questi temi ed incominciò ad occuparsi di narrativa, fino al punto di produrre per due decenni (1930-1950) alcune fra le più straordinarie fiction del periodo, fra cui: "Historia universal de la infamia" (1935), Ficciones (1935-1944) ed El Aleph (1949).

Quando nel 1946 Perón venne eletto presidente dell'Argentina, Jorge, che aveva appoggiato la Uniòn Democràtica e manifestato apertamente il suo dissenso verso il nuovo governo, dovette dimettersi dal suo incarico di bibliotecario, e la sua famiglia venne perseguitata. In seguito alla Revolución Libertadora che depose Perón, Borges fu nominato direttore della Biblioteca Nazionale Argentina, incarico che ricoprì dal 1955 fino al 1973, quando dovette dare le dimissioni a causa del ritorno al potere di Perón.

Sebbene la poesia fosse uno dei fondamenti della sua opera letteraria, la narrativa ed i saggi furono i generi che gli procurarono il riconoscimento internazionale.
Nel 1961 condivise con Samuel Beckett il Premio Formentor assegnato dal Congresso Internazionale degli Editori, e che rappresentò l'inizio della sua fama in tutto il mondo occidentale. In seguito ricevette il titolo di Commendatore dal governo italiano, quello di Maggiore dell'Ordine delle Lettere ed Arti dal governo francese, l'Insegna di Cavaliere dell'Ordine dell'Impero Britannico ed il Premio Cervantes, oltre a numerossimi altri premi e riconoscimenti, ma non ricevette mail il Premio Nobel.
Un'inchiesta mondiale pubblicata nel 1970 dal Corriere della Sera rivelò che Borges ottenne in quell'anno il maggior numero di voti come candidato al Premio Nobel, ma che l'Accademia svedese gli preferì Solzhenitsyn.

Dalla morte della madre nel 1975, Jorge effettuò i suoi viaggi insieme a Maria Kodama, una sua ex-alunna, divenuta sua segretaria e, negli ultimi anni di vita, sua seconda moglie.
Nel 1980 firmò una petizione sul quotidiano Clarìn a favore dei desaparecidos e nel 1982 condannò l'invasione argentina delle Isole Malvinas.
Il 27 Marzo 1983 pubblicò nel quotidiano La Nación di Buenos Aires il racconto "Agosto 25, 1983", in cui profetizzava il suo suicidio per quella data esatta. A chi gli chiese successivamente perché non si era suicidato nella data annunciata, rispondeva semplicemente: "Per vigliaccheria".

Morì a Ginevra il 14 giugno 1986, in seguito ad un tumore al fegato.



Buenos Aires

E la città, ora, è come un piano
delle mie umiliazioni e fallimenti;
da quella porta ho visto i tramonti
e davanti a quel marmo ho aspettato invano.
Qui l'incerto ieri e l'oggi distinto
mi hanno procurato i casi comuni
di ogni fortuna umana; qui i miei passi
ordiscono il suo incalcolabile labirinto.
Qui la sera cenerina aspetta
il frutto che gli deve il mattino;
qui la mia ombra nella non meno vana
ombra finale si perderà, leggera.
Non ci unisce l'amore bensì lo spavento;
sarà per questo che la amo tanto.




Il terzo uomo

Invio questo poema
(per ora accettiamo tale parola)
al terzo uomo che s'incrocio' con me l'altra notte,
non meno misterioso di quello di Aristotele.
Il sabato uscii.
La notte era piena di gente;
ci fu certamente un terzo uomo,
come ce ne fu un quarto ed un primo.
Non so se ci guardammo;
andava verso Paraguay, io verso Cordova.
Forse lo hanno generato queste parole;
non saprò mai il suo nome.
So che c'e' un sapore che predilige.
So che ha guardato lentamente la luna.
Non e' impossibile che sia morto.
Leggerà ciò che scrivo e non saprà
che mi rivolgo a lui.
Nell'oscuro avvenire
possiamo essere rivali e rispettarci
o amici e volerci bene.
Ho eseguito un gesto irreparabile,
ho stabilito un legame.
In questo mondo quotidiano,
che somiglia tanto
al libro delle Mille e Una Notte,
non c'e' un solo gesto che non corra il rischio
di essere un'operazione di magia,
non c'e' un solo fatto che non possa essere il primo
di una serie infinita.
Mi domando che ombre getteranno
questi oziosi versi.




L'istante

Dove saranno i secoli, dove il sogno
di spade che i tartari sognarono,
dove i forti muri che appianarono,
dove l'Albero di Adamo e l'altro Tronco?
Il presente è solo. La memoria
erige il tempo. Successione ed inganno
è la routine dell'orologio. L'anno
non è meno vano della vana storia.
Tra l'alba e la notte c'è un abisso
di agonie, di luci, di attenzioni;
il viso che si guarda nei consumati
specchi della notte non è lo stesso.
L'oggi fugace è tenue ed eterno;
non aspetta un altro Cielo, né un altro Inferno.




Il tango

Dove saranno? Chiede la elegia
di chi non è più, come se fosse
uno spazio in cui lo Ieri potesse
esser l'Oggi, l'Anche e il Tuttavia.
Dove sarà (ripeto) la masnada
che fondò, in polverose strade
sterrate o in sperdute contrade,
la setta del coltello e del coraggio?
Dove saranno quelli che passarono
lasciando all'epica un episodio,
un mito al tempo, e che senza odio,
lucro o passione d'amore si accoltellarono?
Li cerco nella leggenda, nell'ultima
brace che, come una incerta rosa,
custodisce qualcosa di quella plebe valorosa
dei Corrales e di Balvanera.
Quali oscuri vicoli o quale ermo
dell'altro mondo abiterà la dura
ombra di quella che era una ombra oscura,
Muraña, quel coltello di Palermo?
E quel terribile Iberra (di cui i santi
si impietosiscono) che in un ponte della via
uccise suo fratello il Ñato, che dovea
più morti di lui, e così uguagliò i tanti?
Una mitologia di pugnali
lentamente si annulla dimenticata;
una canzone di gesta s'e' perduta
in sordide notizie criminali.
C'e' altra brace, altra incandescente rosa
nella cenere che li serba interi;
là stanno in superbi accoltellatori
e il peso della spada silenziosa.
Benché la spada ostile o quell'altra spada,
il tempo, li persero nel fango,
oggi, più in là del tempo e della sciagurata
morte, quei morti vivono nel tango.
Nella musica dimorano, nell'arpeggio
dell'indomabile chitarra laboriosa
che intreccia nella milonga gioiosa
la festa e l'innocenza e del coraggio.
Gira nel vuoto la gialla ruota
di cavalli e leoni, e odo l'eco
di quei tanghi di Arolas e di Greco
che ho visto ballare sulla strada,
in un istante che oggi emerge isolato,
senza ne' prima ne' dopo, mai dimenticato,
e che ha il sapore del perduto,
del perduto e del recuperato.
Negli accordi ci sono antiche cose:
l'altro cortile e la nascosta orditura.
(Dietro le pareti sospettose
il Sud custodisce un pugnale e una chitarra.)
Quella raffica, il tango, quella diavoleria,
gli anni affannati sfida;
fatto di polvere e tempo, l'uomo dura
meno della leggera melodia,
che solo e' tempo. Il tango crea un buio
passato irreale che in qualche modo e' certo,
un ricordo che non può esser distrutto
lottando, in un cantone del suburbio.



Sono i fiumi
Son los ríos


Siamo il tempo. Siamo la famosa
parabola di Eredito l’Oscuro.
Siamo l’acqua, non il diamante duro,
che si perde, non quella che riposa.
Siamo il fiume e siamo anche quel greco
che si guarda nel fiume. Il suo riflesso
muta nell’acqua del cangiante specchio,
nel cristallo che muta come il fuoco.
Noi siamo il vano fiume prefissato,
dritto al suo mare. L’ombra l’ha accerchiato.
Tutto ci disse addio, tutto svanisce.
La memoria non conia più monete.
E tuttavia qualcosa c’è che resta
E tuttavia qualcosa c’è che geme.

Somos el tiempo. Somos la famosa
parábola de Heráclito el Oscuro.
Somos el agua, no el diamante duro,
la que se pierde, no la que reposa.
Somos el río y somos aquel griego
que se mira en el río. Su reflejo
cambia en el agua del cambiante espejo,
en el cristal que cambia como el fuego.
Somos el vano río prefijado,
rumbo a su mar. La sombra lo ha cercado.
Todo nos dijo adiós, todo se aleja.
La memoria no acuña su moneda.
Y sin embargo hay algo que se queda
y sin embargo hay algo que se queja.


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poesie - POESIE - Autori diversi Empty NAZIM HIKMET

Messaggio  Anja Gio Set 29, 2011 10:35 pm



poesie - POESIE - Autori diversi 20098410

Nazim Hikmet nasce a Salonicco nel 1902 da Hikmet bey, capo dell'ufficio stampa del governo turco e dalla bellissima e molto colta pittrice Aiscé Jelilé.
Il primo contatto di Hikmet con la poesia avvenne grazie al nonno paterno, egli infatti oltre che pascià e governatore di varie province, era anche scrittore e poeta in lingua ottomana, vale a dire in una lingua, come scrive Hikmet stesso, in cui la maggior parte delle parole erano arabe o persiane.
Studiò per un breve periodo nel liceo francese di Galatasaray (Istanbul), poi anche nell'Accademia della Marina militare che però dovette abbandonare per ragioni di salute; scappò in Anatolia, dove si svolgeva la guerra di liberazione guidata dal nazionalista Atatürk (Mustafà Kemal) e qui fece il maestro di scuola a Bolu.
Nel 1921, a soli diciannove anni, lasciò il partito kemalista. Aveva scoperto i testi di Marx e la rivoluzione sovietica dai quali rimase affascinato, decise di emigrare: andò a Mosca e si iscrisse all'Università comunista dei lavoratori d'Oriente alla facoltà di sociologià.
In questo periodo Hikmet conobbe Lenin, incontrò Esenin e Majakovskij continuando sempre a frequentare l'università.
Tornato in patria nel 1924 dovette scappare appena un anno dopo, quando fu arrestato e accusato di collaborare con una rivista di sinistra.
Tornò in Turchia solo nel 1928, senza visto, scrisse articoli, scenari ed altri scritti. Fu condannato alla prigione per il suo ritorno irregolare ma gli fù concessa l’amistia nel 1935. Nel 1938 fu condannato dal governo turco, fortemente anticomunista, a 28 anni e 4 mesi di prigione per le sue attività antinaziste e antifranchiste. Nel 1949 si creò una commissione che si battè per la liberazione di Hikmet, di questa facevano parte, tra gli altri, Pablo Picasso, Paul Robeson, Jean Paul Sartre, un anno dopo venne liberato..
Si sposò con Münevver Andaç, una traduttrice in francese e polacco. A causa delle forti pressioni da parte del governo fu costretto a ritornare in Unione Sovietica. La moglie e il figlio però non poterono seguirlo.
Nel 1959 perde la cittadinanza turca e sceglie di diventare cittadino polacco.
Ha un secondo attacco di cuore, ma nonostante le sue condizioni di salute continua a lavorare duramente, visitando non solo l’Europa dell’Est ma Roma, Parigi, L’Avana (1961), Pechino.
Nazim Hikmet muore a Mosca il 3 giugno 1963 colpito da un infarto.

Nel 2002 a cento anni dalla sua nascita, a seguito anche alla petizione firmata da oltre mezzo milione di cittadini turchi, il governo turco ha deciso di ridare a Nazim Hikmet la cittadinanza turca toltagli nel 1951.



Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne
amo in te l'impossibile
ma non la disperazione.



Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s'affonda nell'acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà

anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell'arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.



Alla vita

Prendila sul serio (la vita)
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni pianterai un olivo
non perchè resti ai tuoi figli
ma perchè non crederai alla morte
e la vita peserà di più sulla bilancia.




I giorni sono sempre più brevi
le piogge cominceranno.
La mia porta, spalancata, ti ha atteso.
Perchè hai tardato tanto?

Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane.
Il vino che avevo conservato nella brocca
l'ho bevuto a metà, da solo, aspettando.
Perchè hai tradato tanto?

Ma ecco sui rami, maturi, profondi
dei frutti carichi di miele.
Stavano per cadere senza essere colti
se tu avessi tardato ancora un poco.[/i]



Il vento cala e se ne va
lo stesso vento non agita
due volte lo stesso ramo
di ciliegio
gli uccelli cantano nell'albero
ali che voglion volare
la porta è chiusa
bisogna forzarla
bisogna vederti, amor mio,
sia bella come te, la vita
sia amica e amata come te

so che ancora non è finito
il banchetto della miseria ma
finirà...
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty ancora Jorges Luis Borges

Messaggio  Anja Dom Ott 02, 2011 3:14 pm

Non posso darti soluzioni per tutti i problema della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
pero’ posso ascoltarli e dividerli con te

Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro
Pero’ quando serve staro’ vicino a te

Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perche’ ti sostenga e non cadi

La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei
Pero’ gioisco sinceramente quando ti vedo felice

Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti,
Pero’ posso offrirti lo spazio necessario per crescere

Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Pero’ posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.

Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei ed essere tuo amico.

In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico
in quel momento sei apparso tu...

Non sei né sopra né sotto né in mezzo
non sei né in testa né alla fine della lista
Non sei ne il numero 1 né il numero finale e
tanto meno ho la pretesa
di essere il 1° il 2° o il 3° della tua lista

Basta che mi vuoi come amico
NON SONO GRAN COSA,
PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE



** Jorges Luis Borges **
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty A mia madre - E. De Amicis

Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 1:55 pm



A mia madre

Non sempre il tempo la beltà cancella
O la sfioran le lagrime e gli affanni;
Mia madre ha sessant'anni,
E più la guardo e più mi sembra bella.

Non ha un cenno, , un sorriso, un guardo, un atto
Che non mi tocchi dolcemente il core:
Ah! Se fossi pittore,
Farei tutta la vita il suo ritratto!

Vorrei ritrarla quando china il viso
Perchè io le baci la sua treccia bianca,
O quando inferma e stanca
Nasconde il suo dolore sotto un sorriso....

Pur se fosse un mio prego in cielo accolto,
Non chiederei di Raffael D'Urbino
Il pennello divino
Per coronar di gloria il suo bel volto;

Vorrei poter cangiar vita con vita,
Darle tutto il vigor degli anni miei,
Veder me vecchio, e lei
Dal sacrificio mio ringiovanita.
E. De Amicis
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty Re: POESIE - Autori diversi

Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 1:58 pm


Se questo è un uomo
Primo Levi



Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che tovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetelele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Anja
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty Re: POESIE - Autori diversi

Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 1:59 pm



La Cavalla Storna
di Giovanni Pascoli


Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
« O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d'otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non tocco' mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
tu dai retta alla sua piccola mano.
Tu c'hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla».
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
« O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
Con lui c'eri tu sola e la sua morte
O nata in selve tra l'ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l'agonia. . . »
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
«O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dove' pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l'eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole».
Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l'abbraccio' su la criniera.
« O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona. . . Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
esso t'è qui nelle pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t'insegni, come».
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome. . . Sonò alto un nitrito.
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:01 pm



X AGOSTO
di Giovanni Pascoli


San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:05 pm



Maribella

sapete di cosa mi rammarico? di non aver memoria per poter citare una o l'altra poesia.... cosi'.... a parte "la pioggia nel pineto" che sento molto nelle carni;
un'altra poesia che mi piace è questa:


Le golose
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Signore e signorine -
le dita senza guanto -
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!
Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.
C'è quella che s'informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.
L'una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.
un'altra - il dolce crebbe -
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!
Un'altra, con bell'arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall'altra parte!
L'una, senz'abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D'Annunzio.
Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,
di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!
Perché non m'è concesso -
o legge inopportuna! -
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,
o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Guido Gozzano



Mi immagino queste candide donne con abiti di tulle o di velluto e grandi capelli ed ombrellini parasole.... che sorridono e si lasciano andare ai piaceri, perchè no? della gola
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:07 pm



Monica De Steinkuehl

APRILE


Vorrei ballare nuda sotto la fresca pioggia primaverile
lasciarmi travolgere dalle gocce
che bagnano il mio corpo,
farmi inondare da ciò che il cielo mi manda
così precipitosamente
senza lasciarmi nessun tempo
senza accorgermi di niente
così semplicemente libera
in mezzo alla natura
così profondamente
dentro di me.
Vorrei annullare il tempo per godere infinitamente
di queste gocce
che scendono sul mio viso leggere
che lavano d'ogni angoscia
che mi rendono semplicemente
libera di amare,
perchè io amo la pioggia.
Amo il vento
che spettina i prati verdi
sperduti nel mondo,
che crea grandi onde
nel mare della mia vita,
che abbassa timidamente gli alberi
ed i miei occhi.
Mi lascio trasportare dal vento
che mi spinge inconsapevolmente
verso qualcosa
che non sa nemmeno lui
e che mi confonde
di emozioni provate.
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:09 pm



«A Elsa Morante» Di DARIO BELLEZZA

I ragazzo drogati, guardie del corpo
dell'Assoluto, vanno per il mondo
mattutino fino alla sera della loro
sopravvivenza: come passerotti
mangiano distrattamente
tutti presi dai loro sogni d'avventura.

E la sciagura che li coglie per strada
e li fulmina pienamente stecchiti
li lascia preda delle iene umane
che scrivono i loro necrologi sui giornali.

Le loro dita sono piene di anelli,
la loro grazia bugiarda di mentire
sa che io non ho bisogno di droghe.

E mi guardano come un povero reietto,
un infelice, ma troppo non m'offendo.
So che vanno per le vie del mondo
con in bocca il sapore della polvere
e del tossico:
strepito vano è il loro baloccarsi
bambino, orgoglio luciferino
di chi si consuma, strugge come cera,
ma anche così la mia voce smorta
li vorrà sempre al mio capezzale.
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:10 pm


BAMBINI INVISIBILI


Sui marciapiedi, bambini di strada, camminano lenti senza speranza, le mani tremanti e il volto scavato di chi non ha niente. Chiedono amore a chi lo sa dare, un pezzo di pane, magari un sorriso, sincero due mani tese alla vita, prima di rassegnarsi a restare da soli. Piccoli schiavi venduti al mercato,sono milioni di facce, di occhi innocenti, nessuno li sente?!Alcuni soldati, altri spacciano droga,storie di fame, violenze e ingiustizie, d'inganni nei loro sguardi c'è orrore, c'è tanta tristezza, non entra mai il sole un'infanzia è negata, senza ali per volare troppe le vite spezzate, sfruttate di bambini che hanno diritto di sognare. Il tuo sorriso arriverà, in ogni parte del mondo dove i bambini di strada, sognano un angelo accanto. Quanti non hanno la forza di urlare! Subiscono e piangono dentro; per loro dobbiamo lottare e costruire le ali, per chi cerca un pò di sereno, mai più spine, solo ali per volare. La tua è una luce che illumina il cielo, per milioni di bimbi che aspettano un dono importante. Mai più ferite che lasciano il segno, mai più fame o sete,mai più guerre,violenze...mai più! Il tuo sorriso arriverà, in ogni parte del mondo, dove i bambini di strada, sognano un angelo accanto....

Rino Martinez (cantautore missionario) ha dedicato questo brano a IQBAL MASIH
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:11 pm



Sotto il burka
Rita Sorrentino (1999)


Non fanno rumore
i miei passi
sull'erba appena tagliata.
Mi fingo donna afgana
sotto il burka
prigione di stoffa
con grata a fiorellini.
Osservo il silenzio
imposto ai mie piedi,
in nome di Dio
ma quale Dio
può imporre castigo
se non c'è peccato?
Non fanno rumore
i miei passi
ma l'urlo di rabbia
salirà fino
a questo Dio
inventato dagli uomini.
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:12 pm



VENTO

Come un lupo è il vento
che cala dai monti al piano,
corica nei campi il grano
ovunque passa è sgomento.
Fischia nei mattini chiari
illuminando case e orizzonti,
sconvolge l’acqua nelle fonti
caccia gli uomini ai ripari.
Poi, stanco s’addormenta e uno stupore
prende le cose, come dopo l’amore.
di Attilio Bertolucci
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:12 pm


NON AVER PAURA DEL MIO SILENZIO

Non avere paura del mio silenzio
Non ti voglio mai rinchiudere
In una gabbia di parole
Ma incontrarti ogni volta come per caso
E fare un po' di strada insieme
Per condividere un sorso di vita
Con chi ha la borraccia più piena
E magari sederci sotto un albero
Ai bordi di quella che chiamano realtà
Sul nostro cammino verso l'Infinito.
(Nicholas Bawtree)
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:17 pm


Vesuvio
non so di chi e'..ma mi e' piaciuta e l'ho copiata

Se per un istante Dio si dimenticherà che sono
una marionetta di stoffa e mi regalerà un pezzo di vita,
probabilmente non direi tutto quello che penso,
ma in definitiva penserei tutto quello che dico.
Darei valore alle cose, non per quello che valgono,
ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più, andrei quando gli altri si fermano,
starei sveglio quando gli altri dormono, ascolterei quando gli altri
parlano e come gusterei un buon gelato al cioccolato!!
Se Dio mi regalasse un pezzo di vita, vestirei semplicemente,
mi sdraierei al sole lasciando scoperto non solamente il mio corpo
ma anche la mia anima.
Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei il
mio odio sul ghiaccio e aspetterei che si sciogliesse al sole.
Dipingerei con un sogno di Van Gogh sopra le stelle un poema di
Benedetti e una canzone di Serrat sarebbe la serenata
che offrirei alla luna.
Irrigherei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle
loro spine e il carnoso bacio dei loro petali.
Dio mio, se io avessi un pezzo di vita non lascerei passare un solo
giorno senza dire alla gente che amo, che la amo.
Convincerei tutti gli uomini e le donne che sono i miei favoriti e
vivrei innamorato dell'amore.
Agli uomini proverei quanto sbagliano al pensare che smettono
di innamorarsi quando invecchiano,
senza sapere che invecchiano quando
smettono di innamorarsi.
A un bambino gli darei le ali,
ma lascerei che imparasse a volare da solo.
Agli anziani insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma
con la dimenticanza. Tante cose ho imparato da voi, gli Uomini!
Ho imparato che tutto il mondo ama vivere sulla cima della montagna,
senza sapere che la vera felicità sta nel risalire la scarpata.
Ho imparato che quando un neonato stringe con il suo piccolo
pugno, per la prima volta, il dito di suo padre,
lo tiene stretto per sempre.
Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardarne un altro
dall'alto al basso solamente quando deve aiutarlo ad alzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, ma realmente, non
mi serviranno a molto, perché quando mi metteranno dentro quella
valigia, infelicemente starò morendo.



Questa poesia è di Gabriel García Márquez
Baci, anjuz icon_smile_kiss
Anja
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:20 pm


Vesuvio
trovata anche questa.. un po malinconica... ma bella



HO IMPARATO CHE...

Ogni giorno, nella mia vita,
in ogni momento,
in ogni respiro,
in ogni battito,
anche tra tanta gente
sentirsi sola, orfana, lontana
e spesso disperata...

Tra tanti volti non trovo mai quello che vorrei vedere,
sentire quasi sempre gli occhi colmi
di lacrime non piante
e il cuore stretto da una morsa di impotenza
e tristezza
e capire che la speranza
è l'unica cosa che ha un colore, un sapore
il resto non ha più senso senza te.

Perché la vita strega e bastarda,
ci regala dei momenti incredibili,
delle persone meravigliose e
poi ci toglie tutto.

Lo scopo e il senso di tutto questo qual è?
Ma forse non c'è.
E' inutile cercare di capire..

I sogni e la speranza sono le uniche,
le sole cose che danno vita alla vita
e ho imparato che
il per sempre è solo una nostra illusione,
o meglio una nostra speranza..

Però nonostante tutto
Rivivrei ogni secondo della mia vita bevendolo fino in fondo,
rifacendo le stesse scelte,
rivivendo nuovamente tutte le gioie,
i dolori, le delusioni, le disperazioni,
anche sbagliando,
anche soffrendo.
Sì perché alla fine so che tutto è importante
E tutto èvita comunque e sempre
E finchè sentirò tutto questo
Vuol dire che sono.

Questo al di sopra di tutto è importante!

Gabriella Afa
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:22 pm


Maribella
Ho trovato questa cosi' carina carina .....


Le cose che ho imparato nella vita.
Dite: è faticoso frequentare bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete: bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
É piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.

Janusz Korczack
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:24 pm



Da solo
Giovanni Soriano



Lento come il tuo respiro
vado per strada
da solo

rimpiango il mio passato
di poeta infranto

i fiumi scorrono sull’asfalto
e brillano
sotto i lampioni rotti

l’urlo della sirena
mi sveglia

è un brutto sogno
quello che faccio
ogni notte.
Anja
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:25 pm



La ruota della vita

La meditazione è come il vento che scuote i drappi della tua coscienza identificata, i paramenti dei tuoi ultimi appigli, l'ego.
La meditazione è come l'acqua che ondeggia lieve o vorticosa per creare flutti d'amorevolezza o passione.
La meditazione è come la solitudine d'un canto che furoreggia nell'animo ... che mentre echeggia tra le valli dell'imperscrutabile, mira alle più sublimi vette del cielo.
Proprio laddove il confine tra umano e soprasensibile sembra annullarsi definitivamente per glorificare la ruota della vita.
Senza esaltare o disprezzare alcunché, pregi o virtù che siano.
Il ritmo, scolpito nella pietra, decalca il canto che si contrappone al silenzio.
Fintantoché il coro della volontà di conoscere celebra all'unisono gli ineffabili simboli della propria cultura, lo scabro ritmo imposto dalla realtà diviene dolcezza.
E se le ombre disertano, ahimè senza lasciare impronta, rimane la levità della gioia di essere.

di N. Salius
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:26 pm



LA POESIA NON E' MORTA

Nel deserto pianeta,
tra dune di sabbia
arse da un sole
morente,
solo lo scorpione vigila
perché la poesia non torni mai più
a turbare cuore e coscienza dei superstiti.
Senza speranza lotto
contro lo scorpione
che mi ha reso cieco,
avendo fatto dei miei occhi la sua torre di vedetta sulle rovine,
che mi ha reso sordo,
avendo fatto delle mie orecchie il suo nido,
che mi ha reso muto,
avendo fatto della mia lingua letto ai suoi spietati giochi,
che mi ha reso trasparente e più fragile di vetro sottile,
avendo preso forza e nutrimento dalle mie illusioni,
dai miei sogni infantili.
Quasi più non sono
se non brezza
che non dà più refrigerio
e questo è il rantolo
prima che lo scorpione
faccia del mio cuore
il palazzo per celebrare il trionfo.


di Felice Pagnani
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty Il violinista pazzo - Fernando Pessoa

Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 2:28 pm



Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.

Egli apparve all' improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all' improvviso se ne andò, e invano
sperarono di rivederlo.

La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.

In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.

Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.

La sposa felice capì
d' essere malmaritata,
L' appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,

la fanciulla e il ragazzo furono felici

d' aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.

In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell' anima gemella,
quella parte che ci completa,

l' ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.

Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.

Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.

Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell' ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,

improvvisamente ciascuno ricorda -
risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere -
la melodia del violinista pazzo.
Anja
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty Re: POESIE - Autori diversi

Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 3:30 pm


Un'altra di Giovanni Pascoli, poi questi li sposto nel topic degli AUTORI.


Il gelsomino notturno [canti di Castelvecchio]
di Giovanni Pascoli


E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.

Da un pezzo si tacquero i gridi
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.

Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l'erba sopra le fosse.

Un'ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.

Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s'è spento...

è l'alba: si chiudono i petali
un poco gualciti; si cova,
dentro l'urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.
Anja
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poesie - POESIE - Autori diversi Empty IL PESCATORE - J. W. Goethe

Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 3:34 pm



L'acqua scrosciava, l'acqua si gonfiava,
e lì accanto c'era un pescatore,
guardava l'amo in tutta calma,
freddo sino al fondo del cuore.

E mentre siede e mentre ascolta,
si leva l'onda e si apre;
dall'acqua che si agita scroscia
una donna tutta stillante.

A lui un canto rivolse e le parole:
«Perché attiri con l'arte
dell'umana malizia la mia prole,
su, nella vampa della morte?

Se sapessi come il piccolo pesce
sta sul fondo, beato,
scenderesti quaggiù, così come sei,
non saresti più malato.

Il caro sole, e la luna, non trova
nel mare il suo ristoro?
Sull'alito del flutto non torna
a noi più bello il suo volto?

Il cielo profondo non ti attrae,
l'umida azzurrità trasfigurata?
Il tuo volto stesso non ti attrae
qui nell'eterna rugiada?»

L'acqua scrosciava, l'acqua si gonfiava,
bagnandogli il piede nudo;
e la nostalgia del suo cuore era tanta,
come quando la bella gli dava il saluto.

A lui rivolse le parole e il canto;
allora fu un uomo finito:
in parte lo trasse, in parte era pronto
a cadere, e non fu mai più visto.
Anja
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Messaggio  Anja Mar Ott 04, 2011 3:35 pm



Non sto pensando a niente

Non sto pensando a niente,
e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente,
mi è gradita come l'aria notturna,
fresca in confronto all'estate calda del giorno.
Che bello, non sto pensando a niente!

Non pensare a niente
è avere l'anima propria e intera.
Non pensare a niente
è vivere intimamente
il flusso e riflusso della vita...

Non sto pensando a niente.
E' come se mi fossi appoggiato male.
Un dolore nella schiena o sul fianco,
un sapore amaro nella bocca della mia anima:
perché, in fin dei conti,
non sto pensando a niente,
ma proprio a niente,
a niente...

Fernando Pessoa
Anja
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